giovedì 9 settembre 2010

Mi ha punta un Vespa


Prego la telecamera di inquadrare il décolleté della Avallone…
Ho voluto attendere qualche giorno, con la speranza di sentire qualche voce autorevole levarsi in condanna di quanto avvenuto al Campiello.

Dopo le sacrosante parole della Murgia, attendevo vanamente al varco il nostro ministro per le pari opportunità. Forse perché una frase come quella di Vespa, in Francia, avrebbe scatenato un putiferio. In America avrebbe causato come minimo la sospensione dell’incauto giornalista.

Ancora una volta l’Italia si fa notare come un paese sessista ed incivile. Ancora una volta ci facciamo notare.

La mia indignazione nasce, vorrei fosse chiaro, dal colpevole silenzio delle istituzioni preposte alla vigilanza, dall’assenza assordante di Mara Carfagna che, per una volta, avrebbe potuto e dovuto farsi sentire.

E resto ancor più allibita nel leggere i numerosi commenti degli internauti alle parole della Murgia, molti dei quali di donne, che la accusano di invidia. No comment.

Il punto è che se una donna non si sa difendere è un dovere della società civile insorgere. Ma qui, ahinoi, la società civile insorge contro chi ha le spalle sufficientemente robuste da reagire agli insulti, anche se diretti a qualcun altro. Insulti, si. Insulti vergognosi e,lo ripeto, sessisti: indegni di un paese che vuole considerarsi civile ed evoluto.

Mi chiedo come sarebbe finita in Italia l’accusa di stupro nei confronti di Julian Assange, fondatore di Wikileaks: le due donne che lo accusano ammettono di aver desiderato inizialmente un rapporto sessuale, ma di aver poi cambiato idea. La sola ammissione di aver pensato di volerlo sarebbe stata sufficiente, in un paese dove ancora si discute di jeans, per far cadere ogni accusa.

Vorrei tanto che le donne smettessero di pensare alle altre come a delle rivali.

Vorrei che smettessimo di credere che il nostro corpo è “a disposizione”.

Vorrei che esistessero ancora le femministe in Italia, a fare da cane mastino incattivito.

Io credo ancora che sia possibile educare il nostro paese, come ci si è riusciti in molti posti nel mondo, e per questo, nel mio piccolissimo, intendo battermi. Spero solo di non essere da sola.

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mercoledì 8 settembre 2010

Veline, uome, e desperate housewives

Non sono una sociologa. Né una psicologa. Non sono neppure una giornalista. Sono una donna con tre figli, che lavora intensamente in ufficio su argomenti che a volte mi stimolano intellettualmente e a volte trovo assolutamente inutili e noiosi. Amo cercare di capire il mondo, guardarmi in giro, curiosare (come dice il nome del mio altro blog) in tutto quel che mi capita a tiro. Giunta a questo punto, quello che trovo sempre più incredibile sono i modelli di donna che vengono presentati, non solo dai media, ma dalla scuola, dalle istituzioni…
Il mondo femminile viene oggi diviso, visto dall’esterno, in tre grossi gruppi, che potrei così sintetizzare:

La Velina

E’ quella donna che fa del suo corpo l’unico motivo di interesse per il mondo. Non occorre che si venda in senso letterale, è sufficiente che si senta in dovere di sedurre per ottenere i suoi scopi, che siano un lavoro, un aumento o qualsiasi altra cosa.

La Uoma

Ha fatto suo il modello di leadership e di governance maschile. E’ quella con le palle, in gamba, forte e determinata. Spesso non ha figli o cerca di dimenticarsi di averne. Di solito è stronza come-e più- di un uomo.

La Desperate Housewife

Per senso del dovere mal compreso si dedica anima e corpo alla famiglia, alla casa, al marito. Cerca di convincere il mondo di essere contenta così, ma dopo un po’ non ne può più di avere come unici scambi intellettivi quelli a base di gorgheggi e paroline idiote. Ama la sua casa ed i suoi spazi, ma arriva a considerarli una prigione.

…Peccato che il mondo femminile, essendo composto da persone che tendono ad essere estremamente più complesse rispetto all’altra metà del cielo, sia molto più variegato di così.

Quello che vorrei, egregi signori e gentili signore, è che finalmente ci si rendesse conto che esiste un nuovo modello di donna. Che seduce perché si diverte a farlo, e non per ottenere qualcosa. Che ama la sua casa ed i suoi figli, ma si sente realizzata intellettualmente quando stende un Business Plan o analizza la situazione economico-finanziaria di un’azienda. Che non vuole il potere sugli uomini, ma con gli uomini (leggetevi a questo proposito QUESTO piacevole articolo di Francesca Magni sul suo blog Letto fra noi). Che ama cucinare, magari anche cucire, ma che se arriva a casa alle otto vorrebbe trovare (come è sempre successo agli uomini) la tavola apparecchiata e una spaghettata per via. Che riesce a vivere con il cervello a compartimenti stagni ed è capace di tenere il mondo del lavoro e quello familiare ben separati.

Quello che vorrei che venisse compreso è che questo modello di donna è vincente. Ricordate Lynette, che ad un colloquio di lavoro mentre cambia il pannolino al suo terzo figlio discute di un nuovo progetto col suo possibile futuro capo (grazie Ilaria, che me l’hai ricordata, è una scena favolosa!)? E’ proprio questa la nostra forza: possiamo fare molte cose insieme, possiamo essere molte persone insieme. Senza che nessuna di queste persone perda nulla della sua peculiarità.

Smettiamo (noi donne in primis!!) di pensare che una donna in carriera non può essere una buona madre, e viceversa. Usciamo da questa gabbia di convenzioni che ci è stata cucita addosso. Non siamo Veline, Uome, né Desperate Housewives. Siamo sempre e semplicemente (o meglio, molto difficilmente) DONNE.

…segue…



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giovedì 2 settembre 2010

Figli, Carriera, e Strategiche Omissioni

Come buona parte delle mamme-che-vorrebbero-essere-in-carriera-ma-si-fanno-sempre-fregare-da-qualcuno (magari perchè il giorno delle promozioni stavano inserendo uno dei figli all'asilo, e l'altro aveva la varicella...), leggo sempre avidamente tutto ciò che mi capita sotto gli occhi sull'argomento.
Statistiche, consigli, esempi illuminanti. Sono particolarmente attratta -è masochismo?- da tutte coloro che "ce l'hanno fatta", e leggendo le loro storie ed i loro consigli spero sempre di trovare il busillis, il bandolo della matassa, quell'ideuzza che ti permette, dall'oggi al domani, di fare il salto di qualità.
Questo è lo spirito con cui ho letto un'articolo, esattamente di questo tenore, apparso su Elle di Settembre. Yes, we can. Questo titola il mensile, e YES I CAN vien voglia di urlare leggendo le prime due pagine. Finchè... Finchè non si giunge a leggere le interviste alle granitiche impegnate fantasmagoriche signore che ce l'hanno fatta. E qui casca l'asino. e "ah, no I can't" è l'unica frase sensata da dire.
Perchè quello che l'aricolo omette di sottolineare è che la flessuosa signora quarantatreenne, madre di quattro bambine, che ce l'ha fatta, è anche casualmente la moglie di uno dei top-top-top manager dell'azienda in cui lei ce l'ha fatta.
Con questo non voglio dire che Francesca Fiore, peraltro vincitrice del premio Belisario- non sia una buona, anzi ottima o eccellente manager. Anzi, sono certa che sia una delle migliori. Ma non è l'esempio giusto da fare. Noi, noi donne normali, che ci spacchiamo la schiena per correre dietro a figli casa e carriera, non abbiamo certo bisogno di miti o eroine, di inarrivabili gesta dimostratitive.
Quello che ci serve sono VERI consigli. VERA solidarietà femminile. Per non parlare dei VERI servizi.  Ragazze, Donne, Signore, smettiamo di leggere articoli inutili e andiamo da nostro marito o compagno a pretendere che metà della gestione familiare cada sulle sue spalle.
Andiamo dal nostro capo, e pretendiamo che ci dia quanto ci spetta.
E se siamo tra quelle che "ce l'hanno fatta" smettiamo di guardare le altre dall'alto in basso e diamo una mano a creare una rete onnipresente e pervasiva di solidarietà tra donne, che è l'unica che davvero può sorreggerci e spingerci a raggiungere l'agognata ma tuttora lontana parità.
Proprietà e gestione di Alessandra Vandone Dell'Acqua - Mastro Ragnatela